La Collaboration entre Francesco Somaini et Caccia Dominioni

Letizia Tedeschi

Caccia Dominioni e Francesco Somaini si erano incontrati nel 1954, anno in cui l’architetto veniva chia-mato dalla famiglia Somaini a ristrutturare un’ala della settecentesca villa Rosales di Lomazzo, villa attribuita a Piermarini. Ne discese una collaborazione duratura, comprendente molte abitazioni. Qui si presenta il complesso residenziale di corso Italia 22, a Milano, in larga parte inedito. Gli episodi determinanti di questa sinergia tra architetto e scultore – documentata per immagini (1) – fanno riferimento, in questo caso, all’ingresso sia pedonale che carraio corrispondente al civico 22 e datano 1961. Un monumentale camino graffito, distrutto nel 1975, realizzato da Francesco Somaini nel 1962 per l’appartamento di sua madre, Luisa Bettoni Somaini, nel rinviare alle coeve sculture (per esempio a Figura di fuoco. Prometeo, 1963), testimonia come egli vada proponendo, tramite istanze Liberty, il mutamento dalle forme geometriche simili a minerali a figurazioni organiche connotate da forme spiraliche che corrispondono assai bene alla fluidità delle piante di Caccia Dominioni, simili a organismi vegetali (Irace, 2002). Il pavimento del salone era in cotto lombardo, mentre il soffitto era grigio-beige con bordo rosso. Alle pareti, coperte da una carta da parati in paglia giapponese giallo sabbia, erano appesi dipinti eseguiti dall’artista tra il 1957 e il 1963.

Impone ai suoi elaborati, Somaini, torsioni e altre movenze (Barilli, 1964) (2) richiamanti formalismi brancu-siani, arpiani, pollockiani, per esprimere pieno e vuoto di un’unica impronta vibrante, complementare all’architettura che l’accoglie anche nel dettato cromatico. Nel 1963, l’architetto suggeriva di “far percorrere a chi entra [in un suo edificio] una specie di galleria” riecheggiante Lascaux (e dunque Georges Bataille); egualmente lo scultore realizzava una visione plastica dinamica, confacente all’articolazione architettonica. Sovente egli crea nei mosaici e nei seminati pavimentali che riattualizzano un’aulica tradizione veneziana espansioni figurali organicistiche e lucenti, e ciò parrebbe richiamare in qualche modo Klimt, un referente e un mondo, quello viennese della Secessione, nutritivo per entrambi. Dal momento che questi due autori sono similmente impegnati nella creazione di un continuum che può tradursi in una identità spaziotemporale assai suggestiva. Il tutto è condotto, reciprocamente, secondando una compostezza stilistica cadenzata entro ritmi geometrici esaltati da finezze linguistiche e sottigliezze cromatiche, da studiati svolgimenti chiaroscurali corroborati, al di là della tavolozza e dei materiali selezionati con grande cura, da un attento dialogo con la luce diuturna e, dopo il tramonto o nelle zone d’ombra che creano nicchie riposanti e allusive, da una calcolata distribuzione di lumi artificiali. L’esito conclusivo propone un’armonia percettiva sorretta da una unitarietà stilistica che parifica apparati decorativi e strutture architettoniche in cui, per sintesi cognitiva, si vive entro uno spazio fluido animato da un armonico trascorrimento temporale.

(1) Debbo ringraziare per la cortese disponibilità Luisa Somaini, figlia dell’artista, e l’Archivio Francesco Somaini, che ha consentito la pubblicazione dei materiali qui riprodotti.

(2) Per la bibliografia si veda Luigi Caccia Dominioni. Case e cose da abitare, a cura di F. Irace e P. Marini, Marsilio, Venezia 2002. In particolare sull’argomento qui trattato si segnalano L. Somaini, L’architetto e lo scultore, ivi, pp. 29-37 e R. Barilli, 20 disegni di Francesco Somaini, Edizioni del Milione, Milano 1964.

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