La Transjurane

Architettura della strada e ordinamento del territorio

Ilaria Valente

Nel 2012 Flora Ruchat-Roncati pubblica uno scritto dal titolo “L’infrastruttura, figura riconoscibile e ordinatrice del territorio”, si tratta di una dettagliata descrizione del progetto e della realizzazione di Alp Transit San Gottardo, ma ben riassume l’impostazione dei progetti che Ruchat ha sviluppato sul terreno delle infrastrutture nel corso della sua attività di progettista, fin dalla collaborazione con Rino Tami per la N2 in Canton Ticino1. La continuità con il lavoro di Tami deriva non tanto e non solo dalla collaborazione sul campo, quanto dal comune principio di concepire la strada non solo come opera d’arte tecnica, ma come architettura. In questa prospettiva, il progetto diviene un atto di modificazione consapevole volto a ricostruire, ogni volta, in una nuova sintesi, il rapporto tra manufatti e paesaggio, facendosi carico, appunto, del nuovo ordinamento del territorio attraversato.
Nel lavoro di Flora Ruchat- Roncati, il disegno della Transjurane si colloca a cavaliere tra il progetto “inaugurale” della N2 di Rino Tami e quello successivo per Alp Transit San Gottardo: da un lato la strada veloce, dall’altro la ferrovia e l’ insieme di opere che convergono nella trama di un grande e complesso progetto infrastrutturale.
E’ il 1988 quando Flora Ruchat-Roncati e Renato Salvi partecipano al concorso per l’autostrada Transjurane,il primo in Svizzera che prevedeva la presenza di architetti nel gruppo di progettazione di un’infrastruttura viaria. Oggetto del concorso è il portale di Les Gripons, ma Ruchat e Salvi riconducono il tema alla relazione necessaria tra disegno del tracciato e dei manufatti. In seguito al concorso si è sviluppata la fase di progettazione e realizzazione dell’intero sistema di interventi che insistono sul tracciato autostradale, che si sviluppa tra la Svizzera e la Francia.
L’insieme delle opere proposte e realizzate interseca e propone una via originale per affrontare il progetto delle infrastrutture viarie, ponendo al centro la risoluzione del nesso tra “linea” e paesaggio: si tratta di accettare l’ infrazione dell’ordine preesistente tramite l’ impressione del disegno tecnico ed agire verso la ricostruzione di un nuovo ordinamento dello spazio dove l’inserimento delle nuove figure dei manufatti restituisce una nuova forma e una possibile nuova narrazione dei paesaggi attraversati.
Punto di partenza è, dunque, il rapporto con il territorio e con le sue permanenze, insieme di segni differenti, più o meno deboli, naturali e artificiali.Il principio enunciato è la necessità di dare luogo a un “riordino dello spazio” e di definire i contenuti del paesaggio modificato. In una conversazione sul progetto, Flora Ruchat ha sottolineato che “l’infrastruttura ridà identità al paesaggio dopo averlo sconvolto, in un certo senso si ‘provoca’ il paesaggio e, attraverso il progetto,lo si restituisce per un suo recupero”2.
L’infrastruttura è dunque il motore di un riscatto del paesaggio stesso, ma il progetto in questo caso non opera occultando e mitigando, ma sottolineando con forza la dialettica tra natura e artificio, stabilendo una felice sintesi tra contenuti figurali del paesaggio e architettura dell’opera tecnica. I manufatti infrastrutturali fissano le misure della percezione da vicino e da lontano, stabilendo una percezione sequenziale del paesaggio attraversato.
In secondo luogo è posta come obiettivo la riconoscibilità della linea stessa: i nuovi manufatti tecnici, portali, camini, muri di sostegno, ponti sono concepiti entro la ricerca di un linguaggio comune, suscettibile di variazioni nella declinazione puntuale, nell’interferenza con i luoghi e la topografia, attraverso una risposta originale al tema della tipizzazione, caratteristico del progetto delle infrastrutture. Non sono stati concepiti, infatti, elementi semplicemente riproducibili nei vari punti della linea autostradale, ma ciascun manufatto progettato propone una soluzione puntuale del rapporto tra forma architettonica e luogo.
Nell’intenzione dei progettisti, l’obiettivo è stabilire, tramite la dislocazione, la forma e la misura dei portali, un sistema di punti di orientamento, di segnali in grado di far riconoscere al viaggiatore, che percorre velocemente il tracciato e che ne ha una percezione frontale, il mutare della condizione della strada, indicando l’ingresso al tunnel, la variazione dalla luce all’ombra, dall’aperto al chiuso.
Le diverse modalità di percorrenza hanno offerto materia di riflessione, negli anni, a Flora Ruchat, per una diversa formulazione architettonica dei tracciati infrastrutturali: nel caso dell’autostrada il progetto dispone una successione di elementi, anche monumentali, che caratterizzano l’architettura della strada ponendosi come punti di orientamento. Nel caso della ferrovia, nel successivo progetto per Alptransit, è centrale la modellazione della linea e a questa si conforma l’ingresso in galleria, essendo il punto di vista del viaggiatore essenzialmente “laterale”.

La composizione della strada

Il tracciato della Transjurane misura 84 km ed è stato stabilito da un insieme di condizioni tecniche, politiche, economiche. Il progetto di architettura, di conseguenza, è stato applicato non tanto alla definizione del suo sviluppo, quanto al disegno di alcune delle sue componenti, quali gli snodi e i muri di sostegno, i portali, le centrali di ventilazione. I portali di Mt. Russelin, Les Gripons, Mt.Terri. sono interventi puntuali attraverso cui il progetto ha inteso dare riconoscibilità al sistema, ovvero all’insieme del tracciato autostradale. La Transjurane è il risultato di un processo complesso e dell’integrazione di competenze diverse, contiene più di 20 km di tunnel e gallerie, laddove il tunnel è realizzato tramite lo scavo, definito dal disegno dell’ingegnere e dalle condizioni geomorfologiche: qui l’architettura interviene nella forma del portale. Al contrario, la galleria Develier è generata unicamente dal disegno architettonico della copertura.
Il progetto muove alla ricerca di tipologie che si adattino a topografie analoghe: su ciò si basa la riconoscibilità dell’infrastruttura per rapporto al territorio e a ciò si connette la scelta del materiale, il calcestruzzo armato. Il progetto specifica le varianti tipologiche come, ad esempio, il disegno del portale in piano e di quello in costa. Allo stesso tempo, il principio dell’ adattamento alla topografia della montagna determina la figura e la dimensione degli elementi emergenti, i percorsi e i piani inclinati, con attenzione alla percezione del manufatto da lontano e da vicino.
La tettonica degli elementi che compongono il manufatto è stabilita con chiarezza, operando per incastro e disgiunzione, rivelandone l’autonomia, per esempio rendendo quasi didascalico il nesso tra invaso del tunnel ed elemento che si inserisce; allo stesso modo il disegno asimmetrico delle pile del ponte risolve l’attacco al suolo facendo passare, filtrandola, la luce.
Da ultimo, il progetto per la Transjurane rappresenta il legame necessario, che si concretizza nel disegno dei portali, delle centrali di ventilazione e dei camini, tra definizione della forma, invenzione architettonica e funzionamento dei dispositivi tecnici quali i regolatori dei flussi di aereazione, del drenaggio delle acque, dell’ingresso della luce. La ricerca progettuale è volta a definire un linguaggio diretto, in grado di tradurre in forma architettonica la coerenza del funzionamento tecnico del manufatto: il portale di fatto è inteso come “macchina” per regolare i flussi di aria e di acqua e la forma architettonica ha suggerito la soluzione tecnica del problema dei flussi. Nel caso del portale di Les Gripons, realizzato in precompresso, la forma è la concretizzazione di un sistema aerodinamico: la lastra nervata appoggiata determina le aperture laterali che consentono il ricambio d’aria. L’inclinazione della lastra di copertura è, allo stesso tempo, parallela al monte e indica la volontà di adattarsi alla topografia.
Nel caso delle centrali di Mt.Russelin sud e Mt. Terri nord il manufatto è un contenitore di macchine (ventilatori, centrali elettriche, dispositivi di risucchio ed espulsione dei gas). A Mt. Terri nord il manufatto appare appoggiato al suolo, si staglia come segnale visibile da lontano, ma compone un sistema misurato con l’apertura del tunnel, segnata da una cornice raccordata con eleganza ai setti murari sagomati che accompagnano il taglio del terreno. La distanza stabilita tra portale e manufatto della centrale, 50 m, fa sì che questa indichi l’ingresso al tunnel da lontano, ma scompaia alla vista avvicinandosi.
Il manufatto tecnico diviene anche elemento in grado di armare il paesaggio dal punto di vista del suo uso pubblico: la centrale di Mt. Russelin, segnata da un camino alto 70 metri, è disposta nel punto più alto della montagna, un percorso conduce ad essa che diventa recapito e belvedere.
I dispositivi tecnici disegnati da Flora Ruchat e Renato Salvi sono leggibili, nel paesaggio, come “monumenti tecnici”, rappresentazione della possibilità e volontà di operare una sintesi tra razionalità tecnica e forma, con la forza del segno architettonico che rivela, ancora e perentoriamente, la sua matrice illuminista.

Ilaria Valente, è professore ordinario di Composizione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, dove svolge attività didattica e di ricerca dal 1984. E' Dottore di ricerca in Composizione Architettonica (1992 –I.U.A.V.). Dal 2016 è Preside della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni.

1 Cfr. S. Maffioletti, “L’«orgogliosa modestia» della N2”, in Rino Tami. Opera completa, a cura di K. Frampton e R. Bergossi, Mendrisio Academy Press, Mendrisio 2008, pp. 137-175 .
2 Cfr. I. Valente, “Topografia e tettonica. Il disegno della strada come cristallizzazione dei flussi”, in: C. Andriani. Le forme del cemento. Dinamicità. p. 78-81, Roma, Gangemi Editore, 2011.

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